Sono rimasto profondamente colpito dalle parole lette in un’intervista ad un triathleta “pro”:

“Mi sembrano dei pazzi questi Age-group che nuotano la mattina alle sei e dopo una giornata di lavoro la sera stessa corrono con la neve…       ”

L’ammirazione del professionista mi ha indotto a riflettere su quanto seriamente debba essere considerato il complesso equilibrio “sport-lavoro-famiglia” nella valutazione della prestazione.

In altri termini chi ha 4 figli e lavora 9 ore al giorno in un cantiere edile non corre al pari di chi parte da una situazione di vita più agevole, banale ma quasi mai chiaro nella testa degli atleti, vi assicuro.

Questi aspetti devono essere considerati per almeno due ordini di motivazioni:

• Ripensare la programmazione stagionale dosando carichi di lavoro e gare in funzione anche del mantenimento di un equilibrio generale.
• Prevenire inutili frustrazioni “da confronto” con persone che fanno dello sport una professione, peraltro non esenti da fenomeni di stress e rapporti non equilibrati con il proprio mestiere (es. la pluri campionessa di nuoto che soffre di ansia da prestazione per i 400 stile libero).

È necessario partire dall’assioma che lo sport deve essere, a livello amatoriale, una sorta di giardino zen dove recuperare energia e conoscenza di se stessi tramite il nudo confronto con i propri limiti con il fine imprescindibile di allenarsi per essere persone migliori nella vita.

Il cronometro non da indicazioni su quanto sia stato un buon genitore, consorte attento ecc.

Senza tutto questo si diventa inizialmente atleti più veloci ma uomini deboli, poi unicamente personaggi in cerca d’autore ed in definitiva atleti peggiori.

In fin dei conti la vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti. (Albert Einstein)

Leggi sul tema Resisto dunque sono di: Pietro Trabucchi