Ho appena finito un allenamento sul ciclomulino, insieme ad altri sei giovani triathleti tra i 17 e i 20 anni, tesserati per la mia stessa società. Ho fatto tardi in ufficio e così ho dovuto cambiare i miei abituali orari di allenamento e ho finito per ritrovarmi a pedalare in questa chiassosa e freschissima mischia.
Ogni volta che mi capita, per caso, di fare questo bagno di giovane folla, ne esco visibilmente stordita, ma indubbiamente entusiasta. Mi appassionano e mi piacciono da morire, pur nelle loro tante contraddizioni. Pur nella loro immensa distanza da me, anagrafica e non solo.
Li guardo, li ascolto e li studio.
Mi faccio guardare da loro, li lascio ascoltare e mi lascio studiare.
Mi piacciono immensamente con il loro modo di essere spavaldi, sbruffoni, irriverenti; ma anche così visibilmente insicuri, lunatici. Sono assordanti le loro voci e faticosi i loro ritmi.
Ma sono bellissimi.
Il triathlon, come tutte le discipline di endurance puro, è uno sport che per un ragazzo di questa età diventa una grande scelta etica. C’è della moralità profonda nell’allenarsi quotidianamente due volte al giorno, senza trascurare gli studi, la famiglia e tutto quello che è richiesto ad un ragazzino a quell’età. Non so dire bene cosa spinga oggi un ragazzino, a lasciarsi affascinare da una disciplina tanto rigorosa. Oggi per loro è molto più semplice gettare la spugna e dedicarsi ad altro. Non so dare un nome alle loro ragioni, ma so per certo quello che provano facendolo.
Li vedo ogni giorno scegliere uno sport di così tanta abnegazione, con una freschezza e una serietà che raramente si trova nei loro coetanei. È la serietà con la quale iniziano ad affacciarsi alla vita adulta e che non può che essere una grande premessa.
Sono carichi, determinati, grintosi. Sono nell’età in cui le scrivanie si fanno saltare a pugni e i muri si buttano giù a testate. Sono nell’età in cui gridano al mondo di prepararsi, che stanno arrivando loro. Stanno arrivando a mischiare le carte e a fare il loro gioco.
Credono fortemente nei sogni e non si danno tregua, forti di un’energia infinita che li tiene sempre a mille giri. Non si perdonano nulla, non lo perdonano agli altri e sono ancora convinti di poter prescindere, nella vita, dai compromessi.
Non c’è nulla di più bello e a tratti commovente, di un ragazzo che sceglie di dedicarsi a uno sport di endurance. Che sceglie, consapevolmente, una via di fatica.
Non si può non innamorarsi di loro.
Non si può rinunciare a dedicargli attenzione, a provare a essere loro di esempio. Non si può rinunciare a essere attenti alle loro esigenze, al loro continuo bisogno di risposte.
Ma più di ogni altra cosa, non si può non ridere insieme a loro, tra una smorfia di fatica e un’altra, per dirgli, con un solo gesto, che gli camminiamo accanto e che la strada che hanno scelto è la più ricca.