Per capire le ansie sportive di tuo figlio, buttati nella mischia anche tu

Progetto senza titolo (23)….

Una volta un allenatore mi disse (e sì, la citazione di Terzani non è casuale): “il peggior nemico di un ragazzo che fa sport, è il genitore in tribuna. L’infortunio più grave, il genitore in tribuna col cronometro”.

Ora, a parte che mi annoio facilmente e figuriamoci se mi salta in mente di stare ferma in tribuna, fosse solo per un 100 metri di atletica, a parte che ragazzina che faceva le gare sono stata, e morire se i miei genitori si siano mai degnati di venire (e qui ci starebbe anche un “ai nostri tempi, poche smancerie”), ho sempre pensato che l’unico modo per capire davvero le ansie sportive di un ragazzo fosse… buttarsi nella mischia.

E così, anche se i tempi dell’agonismo giovanile li avevo archiviati da un bel po’, anche se sono sempre stata molto poco dotata atleticamente (leve corte e struttura pesante, dovrei provare forse col sollevamento pesi), ho iniziato lo sport da age group. Cosa non ci si inventa pur di non andare alle gare delle figlie solo come… “mamma di”.

Il problema però è stato che, vabbè, la maggiore ha scelto il nuoto, disciplina adatta anche agli “anta” e oltre; ma alla seconda, uno sport solo non bastava, lei si annoia più di me, e ha scelto il triathlon.

E qui, riecco Terzani, è iniziato un viaggio, dove non conta la meta, ma l’esperienza che fai tra ogni partenza e ogni arrivo.

Trasformare il nuoto da sciura in qualcosa che assomigliasse a un passo gara, pur di andare ad allenarmi con le figlie quando non si vergognano di me, è stata la parte meno problematica della storia. Portare a correre articolazioni vessate dal tennis agonistico giovanile, la parte sadica. La bici, spande un’aura di quieta saggezza su tutto. Tranne quando ti fai trascinare da amiche 50enni ipercompetitive a “cinquantelli di scarico” che piano che vai li chiudi a 33 all’ora di media.

Ma questi son già dettagli e divagazioni. Il punto centrale della storia è che quando hai due figlie da accompagnare dall’infanzia all’adolescenza, non credi nell’approccio dialogante stile “mamma-amica”, c’hai pure un lavoro e una casa da mandare avanti, non hai avuto fulgidi esempi di genitori comprensivi e didascalici, (insomma, il libretto d’istruzioni fuori dalla sala parto non lo hai trovato), visto poi che pure il marito se la cavicchia con la bici, si sfinisce di corse e si lascia mestamente trascinare a nuoto, il gioco è fatto.

Facciamo che le figlie le cresciamo condividendo pane e sport!

E fin qui pare facile. L’incastro dei calendari gara di quattro persone, almeno in era pre-Covid, necessitava di tabelle Excel da analisti finanziari: e pure le spese a dire il vero.

Negli anni siamo passati dallo stanare la nuotatrice chiusa negli armadietti della piscina a piangere dopo una gara decisamente storta, al farsi raccogliere dalla figlia minore al termine di una traversata a nuoto con onde da centrifuga, piagnucolando: “Ho fatto cagarissimo”. Il tutto mentre un impietoso organizzatore ti spinge oltre il tappeto dell’arrivo… cercando di consolarti con un “ma se è stata fantastica… signora”. E non lo uccidi solo perché sei stritolata nella muta.

Tra le prime e le ultime pagine del nostro album (per comodità trasferito sui social), ci sono bambine diventate donne, amicizie al di là di ogni colore di squadra, un’indimenticabile traversata dello Stretto di Messina mamma e figlia maggiore (naturalmente, con onde e scirocco perché a noi ancora una traversata in condizioni meteo accettabili non ci è stata concessa) motivata dal fatto che a 17 anni forse avrei dovuto mandarla dallo psicologo per venire a capo dei suoi grovigli di insicurezza, ma ho pensato che questo metodo fosse almeno più divertente. Da allora, è tutto un: “Beh, se ho fatto lo Stretto sarò ben in grado di…”

#condividere è il nostro motto preferito, accompagnato alle foto ancora belli ed eleganti pre gara, o a quelle del post, sfatti e poco lucidi, ma felici, sino agli allenamenti in cui pure il cane riusciamo a coinvolgere

Fino al prossimo menisco, fino alla prossima onda, fino alla prossima salita.
#roadtosanavecchiaia

Elisabetta “Betta” Carbone, atleta almosthere ASD, triathlon.
Vive a Pavia, sposata con Paolo, 2 figlie, e una passione indomabile per lo sport.

Progetto senza titolo (22)

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