Sabato tarda mattinata. Arrivo in piscina, ma non ho una gran voglia di nuotare. Mi sono già allenato per tre ore tra bici e corsa, sono li per sciogliermi un po’. Chiedo se per caso c’è posto per un massaggio, quelli da 25 minuti, giusto per recuperare in vista dell’allenamento del giorno dopo.
Fortuna vuole che ci sia posto.
Bene, due bracciate, saunetta e massaggio, chi mi ammazza!
Appuntamento con il fisioterapista alle 12:15, mi presento puntuale.
Si presenta un omino di colore, magro, giovane sui 30. Tra me e me penso “Questo mi fa il solletico quanto è smunto. E vabbè dai proviamo”.
Arrivo in cabina, lui gentilmente mi chiede cosa voglio fare, io con un po’ di tono dico “gambe e schiena… un defaticante”.
Massaggiandomi mi chiede se faccio sport, ed io con fare un po’ da fenomeno rispondo che si, faccio gare di triathlon e bla bla bla… Lui si complimenta per il mio stato di forma e io mi ringalluzzisco manco fossi Frodeno.
Ad un certo punto mi chiede quanto ho corso. “10 km ma di solito ne corro di più, oggi avevo fatto anche bici.”
Lui “ohhh bravo…”. Poi mi dice, che anche lui al mattino presto aveva corso, per 15 km. Io penso, si, sarà un mezzo tapascioncello, con sto fisico o è un campione oppure una mezza sega e se sta qui a far massaggi più probabile la seconda.
Poi mi chiede “sei italiano? si sente dall’accento”
Io annuisco e lui continua.
“Sono stato recentemente a Parma. Mi piace il formaggio di quelle parti. Ho fatto una gara e me ne hanno dato un bel po'”.
Io penso ad un pacco gara, e continuo a pensare che sia una mezza sega.
Incuriosito gli chiedo se fa gare e lui “si, le maratone”.
Ah, hai capito la mezza sega, fa le maratone.
“E quale è stata la tua ultima maratona?”
Lui, ” A Rio, l’estate scorsa per le Olimpiadi”
Improvvisamente mi sento io la mezza sega, anzi una sega intera… Per me un atleta olimpico è una sorta di semidio, mi sembra quasi di offenderlo. Lui sta massaggiando i miei muscoli da pippa. Maddai, su non ci posso credere. Vorrei smettesse all’istante, mi sento in imbarazzo, quasi mi sembra di offenderlo.
Lui continua nel suo lavoro e mi racconta la sua storia. Si chiama Yonas Kinde, nato in Etiopia 36 anni fa (pensavo ne avesse al massimo 30). Dal 2012 è in Lussemburgo come rifugiato politico. Lavora come tassista e fisioterapista. È stato selezionato nel 2016 nella squadra olimpica dei rifugiati politici. Onestamente non sapevo dell’esistenza di questa squadra, nata per volontà del Comitato Olimpico Internazionale per dare ad atleti come Yonas la possibilità di competere nonostante non abbiano una bandiera.
E la storia di questi atleti è molto particolare (per chi volesse approfondire basta andare su wikipedia)
Ragazzi scappati come tanti altri dalle loro terre di origine, che nonostante tutto hanno continuato ad allenarsi.
I 25 minuti finiscono, Yonas gentilmente di accompagna in reception e mi offre un thè caldo. Gli stringo la mano, con rispetto ed ammirazione. La sua gentilezza, la sua umiltà e quello che deve aver passato per poter realizzare il suo sogno di correre ad una Olimpiade mi fanno riflettere. Su una cosa in particolare.
Siamo circondati da fenomeni (e tra questi mi ci metto pure io) che per aver fatto una gara della cippa (si perchè dai, ammettiamolo le gare che facciamo sono pur sempre gare della cippa, quelle vere le fanno i pro) che si atteggiano come se avessero partecipato alle Olimpiadi. Poi conosci uno che alle Olimpiadi c’è stato e con una storia dietro che farebbe impallidire quella di Rocky Balboa, e che per campare deve fare massaggi ad uno di ‘sti fenomeni. E si accontenta di una forma di grana vinta alla maratona di Parma.
Ciao, sono stato a Rio l’estate scorsa e sapevo della storia di questi ragazzi. Erano un paio di palazzine vicino alla mia al Villaggio e li ho visti spesso in giro, alla cerimonia di chiusura ho chiacchierato un po’ con un loro allenatore, mentre loro ballavano scatenati! Da pelle d’oca…ci siamo visti il giorno dopo per scambiarci un po’ di materiale. Sono tornato a casa con una valigia in meno, ma con una giacca della tuta grigia, senza marchi, senza colori, solo una piccola scritta ROT (Refugees Olympic team). E’ sempre nella mia valigia. That’s SPORT
Francesco