Immaginate la scena al traguardo. Passi la finish line e lo speaker grida “You are a FINISHER!”
“Cosa??? Finish che????” No, aspetta caro… Ho pagato 300 e passa euro di iscrizione, altri 500 tra vitto, alloggio e minchiate varie al tuo Expo. La bici mi è costata un rene, la donna mi tiene il muso da sei mesi, mi sono depilato anche le braccia e quindi non scherzare. Adesso fai un bel rewind e pronunci quella maledetta parola. IRONMAN, capito, IRONMAAANNN!
Non importa se mi sono allenato allacazzodicane (tanto son capaci tutti a fare un ironman ben allenati no?), non importa se nella bici mi sono fermato mezzora ad ogni ristoro e nella maratona ho corso un totale di 2,195 metri (di cui 2000 all’inzio e 195 metri al traguardo) e camminato i restanti 40 km. Sono un IRONMAN okkei!!!
Ecco, adesso che hai pubblicato le foto su tutti i social e pure il tuo biscugino laterale che non senti da 15 anni ti ha messo il like su facebook, adesso che stai seriamente pensando di tatuarti sul petto il logo IM manco fossi superman, adesso che il tuo ego ha scalato l’Everest, ecco fermati un attimo e pensa. Sei un IRONMAN o un FINISHER? Sii onesto con te stesso. Cosa ti ha cambiato davvero? quelle 140.6 miglia o il percorso che ti ci ha portato?
Per quanto mi riguarda l’Ironman e’ stato il punto di arrivo di dieci anni di sport di endurance. L’idea mi aveva sfiorato dopo la mia prima maratona. Fino a qualche mese prima pensavo fosse impossibile correr di fila per 42 kilometri, qualche giorno dopo avevo letto di questa impresa al limite del sovraumano e inziai a pensare “mah, magari, se un giorno mi sentirò pronto perché no?”
Tre anni fa ho chiuso il mio primo triathlon, un mezzo ironman. Ero talmente esausto che pensavo sarebbe stato impossibile percorrere il doppio della distanza, semplicemente impossibile.
Poi un giorno mi son detto che se mi fossi allenato seriamente, se fossi stato attento nell’alimentazione e avessi programmato il tutto per bene ce l’avrei potuta fare. La molla arriva da alcuni amici che ne avevano conclusi addirittura più di uno. Persone normali, dotate di grande forza di volontà. Vedevo una luce particolare nei loro occhi quando parlavano di questa impresa, li invidiavo, ero curioso, ci dovevo provare anche io.
Il mio obiettivo non era quello di finire in un certo tempo, volevo solo CORRERE tutta la maratona senza fermarmi. Ero curioso di sapere quello che avrei provato una volta tagliato il traguardo.
Quel traguardo l’ho tagliato una bella domenica di sole di inizio estate. Solo dopo qualche settimana però ho scoperto che non é stata quella finish line ad avermi cambiato come persona e come sportivo, ma il percorso che mi aveva portato fino a li.
Ho ripensato alle mattine in cui mi svegliavo alle 5 e ancora al buio mi fiondavo piscina mentre gli altri beatamente ronfavano al caldo. A quel giorno di freddo polare in cui mi son congelato i maroni aspettando che il gps prendesse il segnale prima di iniziare a correre.
Ho ripensato a quella domenica che alla fine di un giro in bici di 5 ore ho resistito alla tentazioe della doccia calda e mi sono infilato le scarpe da corsa e son partito per un combinato. A tutte le mille volte in cui il corpo diceva di fermarmi e la testa invece cercava di capire se era un falso allarme o una cosa seria.
In questo percorso di due anni ho capito che esiste un confine molto labile tra ALLENARSI e ALIENARSI e dovevo far attenzione a non valicarlo.
Ci sono tante persone che affrontano l’Ironman in modo un po’ superficiale, allenandosi quel tanto che (non) basta, mangiando come capita e con in testa l’unico obiettivo di arrivare al traguardo per dimostrare AGLI ALTRI di cosa sono capaci.
Confesso, la libidine di ricevere commenti e apprezzamenti dopo aver concluso la gara é proporzionale alla fatica: immane. Ma questa libidine dura il tempo di un bell’orgasmo: dopo un po’ passa e pensi al prossimo. E’ invece quello che hai fatto per TE STESSO per arrivare li che ti cambia. E ti cambia PER SEMPRE.